Una riforma avviata

Le ragioni del consenso

Nonostante uno schieramento imponente, che raccoglie la sinistra antagonista, Casa Pound, Berlusconi e Beppe Grillo, il si al referendum costituzionale del prossimo autunno è nettamente in testa nei sondaggi. Non che i sondaggi ci abbiano mai impressionato ma è pur rilevante che tanti ambienti eterogenei pronunciatosi contro la riforma spostino così poco nelle intenzioni dell’elettorato. Il referendum è appena annunciato, il Paese ha altri impegni che lo attendono, ma il tema è stato comunque abbastanza dibattuto da lasciare il segno nell’opinione pubblica. D’altra parte Renzi ha i suoi difetti ma non è un kamikaze e dovendo scegliere a cosa legare il suo mandato di capo dl governo, ha trascurato le amministrative, un prossimo massacro annunciato per il suo partito, e premiato il referendum, dove, come si vede, ha ragione di ambire al successo. E questo semplicemente perché della necessità di una riforma si sono convinti tutti, visto che la costituzione del 1948 è stata modificata in continuazione e tutti i partiti hanno portato la loro pietra iper farlo. Mai cadesse la proposta di riforma Renzi, si ricomincerebbe da capo nella prossima legislatura con un passaggio comunemente acquisito, l’abolizione del Senato. Lo chiedeva l’Ulivo di Prodi, lo pretendeva il governo Berlusconi, Renzi lo fa a modo suo, ma lo fa. A furia di porre l’esigenza della semplificazione politica, ecco che il Paese se ne è convinto. Sono ben altri da Renzi i responsabili di questa situazione che ha comportato negli anni l’evoluzione, o l’involuzione se preferite, del quadro istituzionale e politico italiano. Come dice l’onorevole Bersani, Renzi governa con i suoi voti, solo che non si accorge che questo va a torto di Bersani, non di Renzi. E’ vero invece che il combinato riforma elettorale, con un aumento insensato del premio di maggioranza e quello della riforma costituzionale definisce i confini di una Repubblica in modo sempre più anomalo. Siamo cauti però nel dire che si apre la strada per la dittatura, intanto per rispetto alle diverse epoche storiche in cui si vive e poi perché l’elemento caratterizzante di una sistema dittatoriale non è la forma di governo, ma il fatto che si sopprimano le libere elezioni. In ogni caso, anche per chi è convinto che Renzi sia il nuovo Mussolini, inutile discutere, il dittatore sorge già ai tempi dell’antica Roma, per cui la struttura democratica dello Stato può sempre venirne piegata ed infiniti modi. Se non si riccorre alla violenza, agli arditi che assalivano le redazioni dei giornali democrarici, ci risparmieremmo le demonizzazioni. Piuttosto, dovremmo chiederci se nel corso di un processo di riforme avviato non si possa ancora intervenire per offrire al Paese qualcosa di più completo e ragionato di quanto si stia realizzando. Nel qual caso, sedere fra gli sconfitti del referendum, servirà solo a perdere ogni speranza.

Roma, 21 marzo 2016